Yo! Ma non è detto che il mondo sia impazzito.

Yo, una schermata dell'app

L’app. da un milione di dollari che manda un semplice Yo ai propri contatti, ha fatto, oltre ai soldi, troppo rumore. Perché tutti sono basiti dallo sconcertante successo di un’applicazione che serve a poco o nulla, e tutti si chiedono se la comunicazione non sia arrivata a livelli eccessivi di rapidità e di brevità. Ma se dietro ci fossero un’idea e una strategia più grandi di quel che vediamo?  

 

Numeri

 

Un’applicazione, due lettere, vale un milione di dollari, un milione di utenti. Yo è una semplice applicazione che manda un messaggio ai tuoi contatti: Yo, e null’altro. Niente ciao, niente come va?, nulla di nulla. soltanto Yo (che in America è una sorta di grande!).

 

Chi, come, cosa, dove, quando

 

Yo è stata ideata da Or Arbel, sviluppatore di Tel Aviv con base a San Francisco. L’idea di Yo è ben descritta dal New York Times.

Arbel, sommerso dalle email, dai tweet, dagli sms e dalle telefonate, ha pensato di rispondere a tutti con un breve, brevissimo messaggio: Yo. E ha creato l’app. Nel giro di pochissimi giorni, è diventata la più scaricata negli Stati Uniti. Arbel però è il collaboratore di Moshe Ogeg, CEO di Mobli, compagnia con obiettivi e prospettive decisamente più grandi di quelle apparentemente dichiarate per Yo. Il rapidissimo successo di Yo ha portato gli investitori a dare il loro “contributo” e il mondo a parlarne.

Ne parla, ad esempio, il Washington Post, con un’interessante considerazione finale: forse le app devono divertire, e la semplicità di utilizzo e la stupidità potrebbero essere le chiavi di una strategia vincente. Ne parla Mashable, anche, al quale Arbel avrebbe detto che Yo ha lo scopo di eliminare il rumore delle notifiche e di renderle leggere e non invadenti.

 

Comunicazione, in breve

 

Stare al passo coi nativi digitali sembra essere l’ultima sfida. Loro sì che son veloci, sempre iperconnessi, sempre iperraggiungibili. Non parlano più, chattano, sono online anche quando si incontrano, ovunque, sempre. E allora smettiamo di parlare, tanto cosa abbiamo da dire lo sappiamo già.

Non è tanto importante cosa diciamo, ma chi lo dice e quando. Non sono più importanti le parole, ma il momento della giornata in cui vorremmo/dovremmo pronunciarle. Adesso basta uno Yo, che potrebbe significare Buongiorno, Passo a prenderti, Richiamami, Ti penso. In breve, brevissimo, ho detto tutto.

Un beta test, forse

 

Un’applicazione che fa tanto parlare di sé potrebbe avere scopi più “alti”? Sì, potrebbe. Potrebbe essere il beta test di un’applicazione in evoluzione di IM, con altre funzionalità meno banali, o potrebbe funzionare per il marketing. Ma potrebbe anche, perché no, restare così, e continuare ad avere il successo che sta avendo. Oppure, potrebbe essere un’onda passeggera e tornare alla calma piatta nel giro di pochi giorni.

 

Comunque vada

 

Yo è interessante per il tipo di riscontro ottenuto. Le domande in tal senso sorgono spontanee:

1- negli anni del Boom della comunicazione, possibile che sentiamo ancora di più il bisogno di comunicare tanto da inviarci anche un semplice Yo per dire al mondo che ehi! Ci sono. ?

2- Se l’abbreviazione del messaggio è il prossimo standard, fin dove arriveremo?

3- E se, come ha osservato un utente tra i commenti (qui) il CEO di Yo stesse in realtà promuovendo il suo vero progetto?

Le opinioni della rete sono piuttosto contrastanti ma una cosa è certa: Arbel ha già aggiornato il suo profilo su Linkedin affrettandosi a mostrare che il CEO di questo buffo esperimento è proprio lui.